Ciclone Cleopatra: acqua, sangue, rischi idrogeologici in Sardegna
[Gruppo d’Intervento Giuridico]
E’ un momento di grande dolore. Non si sa ancora quanti morti – ormai almeno 18 – e quanti danni materiali abbia provocato il Ciclone Cleopatra in Sardegna. Di sicuro troppi. E’ vero, fra raffiche di vento a 100 km. orari è venuta giù tanta pioggia concentrata quanta ne cade in un semestre (4-500 mm. in Gallura e nel centro dell’Isola), ma è vero anche che vittime e danni vi sono stati soprattutto in quartieri edificati (magari abusivamente e poi condonati) in zone a rischio idrogeologico (come nella piana olbiese, a Putzolu, a Santa Mariedda, a Baratta, sulla costa di Pittulongu).
Com’era già accaduto, fra le tante volte, nella tragica alluvione di Capoterra (autunno 2008), dove le previsioni urbanistiche rimangono ovviamente inalterate. L’aumento delle volumetrie in base al c.d. piano per l’edilizia (legge regionale n. 4/2009 e s.m.i.) e lo stravolgimento del piano paesaggistico regionale non fanno che aumentare il rischio idrogeologico e, in definitiva, i pericoli per le persone. Il Presidente della Regione Ugo Cappellacci ha poco d’abbandonarsi al fatalismo di stampo biblico (“La Sardegna è stata vittima di una piena millenaria“), quando dalla sua amministrazione vengono revocati fondi per ben 1,5 milioni di euro destinati proprio agli interventi per la difesa del suolo e contro il dissesto idrogeologico.
La linea politico-amministrativa semplicemente sensata dovrebbe essere proprio opposta: un vero e proprio new deal, un grande piano di risanamento idrogeologico e della rete idrica, sostenuto con quei fondi comunitari che non si sanno spendere o troppo spesso si spendono male. Farebbe bene all’ambiente e darebbe lavoro a imprese, progettisti, maestranze di ogni qualifica. Darebbe anche maggiore sicurezza alle persone, con meno calamità innaturali annunciate, se non dispiace.