Entrando nel merito di qualche assegno di merito

Efesto torna sull’Olimpo (anfora attica a figure nere, 520 a.C.).

Efesto torna sull’Olimpo (anfora attica a figure nere, 520 a.C.).

[Marcello Madau]

L’attribuzione di assegni di merito a iscritti a corsi di laurea ‘scientifici’, come da bando della Regione Autonoma della Sardegna, con precisa indicazione che esclude i ‘corsi di laurea non scientifici’, è un segno che  non si presta a troppe incertezze interpretative: se naturalmente dovesse restare tale, senza una misura analoga per gli studenti “capaci e meritevoli” che sono” iscritti in corsi di laurea di area non scientifica” (e si porrebbe comunque l’utilità di riaprire una riflessione su tale ‘partizione’).  Ecco il link.

Mi sembra la riproposizione di una scelta di politica culturale che ha animato negli ultimi decenni, con preoccupante continuità, i governi di centro-destra, tecnici e di centro-sinistra: legare l’Istruzione pubblica a interessi privati e la convinzione che la cultura umanistica, contrapposta (per vecchia partizione idealistica) a quella delle scienze, non serva al mondo del lavoro, ciò che è premessa della celebre affermazione ‘con la cultura non si mangia’  (rimpiango  imprenditori non certo progressisti come Calleri, vicepresidente di Confindustria quindici-vent’anni fa che, sul ricorrente tormentone che servisse o meno studiare il greco nella società contemporanea, ebbe a sostenere che una formazione ‘classica’ e non ‘tecnico-scientifica’ portava in fabbrica operai più aperti e capaci. Credo che cogliesse, non so se per formazione o istintivamente, l’antica contaminazione fra arte, scienza e saper fare insita nel termine greco ‘techne’).

Attraverso questa piccola ma significativa misura si legge un’organicità non certo episodica  fra governo nazionale italiano e governo regionale della Sardegna (per il partito di maggioranza andrà bene; di fatto anche a qualche sua stampella sovranista); colpisce anche l’intervento diseguale su ‘formazione e ricerca’ da parte di un organismo politico di natura elettiva;  si intuiscono rapporti con i poteri economici forti: perchè è nei corsi di laurea ‘scientifici’ che investono potenze come ENI o altre multinazionali.

Per la Sardegna è inevitabile porsi anche un altro problema: il mondo dei beni culturali e paesaggistici, dell’arte e delle ‘lettere’ non fa parte del quadro sociale sul quale si scommette per un’isola che cambi modello di sviluppo rispetto a quelli, fallimentari, sinora sperimentati; lo dimostrano anche i tre milioni di euro divisi in tre anni annunciati per gli scavi legati ad un pezzo di archeologia della Sardegna, da connettere a EXPO’ 2015….oppure, volontariato: qua in costume sardo, ma uguale a quello teorizzato da Renzi e Franceschini. Il modello di sviluppo, ciò che spiega razionalmente l’organica continuità fra quadro statale e regionale prima accennata, è solo quello italiano.

Da ultimo – discorso profondo perché tali sono le sue radici (quelle costituite dalle vecchie idee sono più difficili da estirpare, come ebbe a osservare il grande economista John Maynard Keynes) – si sente il peso, in modo per noi particolarmente grave, della vecchia idealistica divisione tra percorsi universitari scientifici e umanistici.

La visione della Sardegna che emerge, anche da questo segnale, resta gravemente arretrata rispetto alle sue necessità di liberazione economica e sociale e alla costruzione di lavoro ad altà qualità e utilità sociale. Appare insuperabilmente lontana dalla produzione di saperi legati alla dimensione biologica di umanità e paesaggio liberi e puliti, espressione ‘ideale e materiale’ elevata del paesaggio stesso.

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Autore: OndeCorte

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