[Redattore Sociale]
dal Redattore Sociale del 16-07-2014. Lavoro negato ai disabili, esposto Fish alla procura: “Accertate i reati penali”. ROMA. Il vaso è colmo, la palla ora passa alla Procura della Repubblica. E potrebbe sfociare anche in un processo penale. Dalle parole ai fatti, è stato formalizzato l’esposto con cui la Fish Lazio chiede di accertare e valutare se non vi siano risvolti di tipo penale nel fatto che molte amministrazioni pubbliche continuano ad evitare di mettersi in regola con la legge che prevede le quote di riserva per le categorie protette (legge 68/99 e successive). Un comportamento che va avanti da anni e che non è cambiato neppure dopo la pronuncia della Corte di Giustizia Ue che esattamente un anno fa ha condannato l’Italia proprio su questo versante e che men che meno è cambiato dopo i pronunciamenti della Corte dei Conti e del Dipartimento della funzione pubblica che più volte hanno ribadito di recente come le quote d’obbligo destinate alle categorie protette che ancora non risultino complete devono essere coperte – e subito – con nuove assunzioni. Niente è però cambiato, convincendo così la Fish Lazio a passare all’attacco, considerato che “la mancata copertura della quota d’obbligo … è espressamente sanzionata sul piano penale, amministrativo e disciplinare” (così ricorda nero su bianco la circolare n° 5 del 21 novembre 2013 del dipartimento Funzione pubblica presso la Presidenza del consiglio dei ministri). Ed è solo il primo degli esposti, perché altri se ne attendono – sempre presentati dalla Fish – in altre regioni italiane.
L’esposto è stato presentato nei giorni scorsi alla procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma dal presidente di Fish Lazio, Dino Barlaam. Vi si legge che “enti e istituzioni pubbliche reiteratamente violano le norme previste dalla disciplina sul collocamento mirato” e che fra queste un “numero significativo” non risulta “in regola con le norme previste per l’assunzione delle persone disabili”. L’esposto illustra come, in epoca molto recente, cioè dall’ottobre 2013 in poi, è stato ampiamente chiarito il dubbio riguardante la possibilità per le amministrazioni pubbliche di assumere anche in presenza di un blocco generale delle assunzioni motivato dalla spending review. La legge 125/2013 ha chiarito che una volta effettuato il calcolo delle quote di “ciascuna amministrazione è obbligata ad assumere a tempo indeterminato” un numero di lavoratori pari alla differenza fra il numero previsto e quello attualmente assunto, e che tale disposizione “deroga ai divieti di nuove assunzioni previsti dalla normativa vigente, anche nel caso in cui l’amministrazione interessata sia in situazione di soprannumerarietà”. Insomma, non ci sono scuse che tengono: se la quota di riserva non è raggiunta bisogna assumere, anche se c’è il blocco delle assunzione e anche se c’è personale in esubero. La stessa Corte dei Conti ha dato il via libera a questa disposizione, chiarendo che “il legislatore ha inteso così garantire ai lavoratori svantaggiati una maggiore tutela”.
Di fronte a questa situazione normativa, Fish Lazio fa notare che molte amministrazioni pubbliche “scientemente e nella piena consapevolezza” scelgono di non applicare le norme di legge, con un comportamento che si traduce in un “grave danno” per questi soggetti, ai quali così viene negata – è specificato – oltre ad ogni possibilità lavorativa, anche un’importante occasione di socializzazione e di rafforzamento dell’autostima. La richiesta dunque è che la procura della Repubblica di Roma verifichi, accerti e valuti “se nei fatti, atti e comportamenti riportati emergano violazioni della legge penale, individuando se del caso anche i responsabili”. A titolo di esempio, uno dei reati contestati potrebbe essere quello previsto dagli articoli 323 e 328 del codice penale riguardanti “abuso e omissione di atti d’ufficio”.
“E’ inaccettabile – spiega Barlaam ai giornalisti illustrando i contenuti dell’esposto – che il diritto al lavoro delle persone disabili possa essere lo strumento per il risparmio della spesa pubblica: spesso le imprese e le amministrazioni pubbliche utilizzano il sistema delle convenzioni con i Centri per l’Impiego per la diluizione nel tempo delle assunzioni, e se a ciò si aggiunge un quadro normativo confuso, la situazione appare ancora più disastrosa di un anno fa, quando arrivò la condanna della Corte di Giustizia Ue”. “Il lavoro – dice dal canto suo Vincenzo Falabella, il presidente nazionale della Fish – restituisce dignità a tutti ed in particolare favorisce anche una minore spesa assistenziale, fornendo nel tempo alle persone disabili opportunità di autonomia ed indipendenza altrimenti impossibili. Siamo in prima linea sul diritto all’inclusione lavorativa delle persone con disabilità e come Fish abbiamo in programma la presentazione di diversi esposti nelle varie regioni italiane, affinché venga fatta luce con chiarezza sulle responsabilità di una situazione insostenibile”. (ska)