Per una vita migliore

di Ivan Grazioso

L’ OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, ha pubblicato alla fine di maggio l’indice “Better life” (una vita migliore), che viene pubblicato con cadenza biennale. L’indice è un indagine statistica che si sviluppa attraverso undici tematiche tra loro affini, che hanno lo scopo di descrivere lo “stato di salute” di tutti i paesi appartenenti all’Ocse. Tra gli undici descrittori utilizzati presi in considerazione possiamo trovare dati più comuni quali il lavoro, la salute e l’entrate medie pro capite annue. Tra quelli meno comuni troviamo il coinvolgimento civico, cioè il grado di partecipazione da parte della popolazione alla scelte politiche e il grado di trasparenza della politica.
Ciò che stupisce è che l’Italia non si pone prima in nessuno di questi indici, non è sicuramente una gara ma farebbe piacere un maggiore sviluppo del del nostro paese per alcuni dati risulta agli ultimi posti. Per esempio risultano bassi in classifica la soddisfazione per la propria vita, l’educazione, e la valutazione della rete sociale di supporto.
Per quanto riguarda il lavoro in Italia c’è da sottolineare come il divario tra uomo e donna si stia assottigliando. Nonostante le donne studino di più degli uomini, la percentuale sceglie materie scientifiche è ancora bassa. Questa scelta impedisce loro di accedere ad aree in cui è più facile ottenere posti di lavoro con stipendi di fascia medio alta.
La donna è ancora penalizzata dal suo ruolo in famiglia e dalla mancanza di accesso a servizi come l’asilo e sceglie sempre più spesso il par-time. L’Italia risulta terzultima (dopo Messico e Turchia tra i paesi OCSE) per la partecipazione al mondo del lavoro al femminile col 51% contro una media del 65%.
Le differenze di genere nei salari è minima perché le donne con salari più bassi sono più soggette ad abbandonare il lavoro in favore della famiglia.
Nel 2011 è stata introdotta una quota di genere del 30% nei consigli di amministrazione e nei collegi sindacali delle aziende quotate e delle aziende pubbliche; nel 2012 la stessa quota è stata introdotta per le liste elettorali delle elezioni comunali.
Le recenti riforme sulla composizione dei consigli di amministrazione promuovono una maggiore uguaglianza di genere, alla quale potrebbe contribuire anche l’introduzione del congedo di paternità retribuito e obbligatorio. Tuttavia l’effetto complessivo della riforma deve essere valutato anche sulla base dei tagli ai fondi pubblici allocati per i servizi all’infanzia, che si aggiungono ad una probabile riduzione nella cura informale fornita dai nonni legata l’innalzamento dell’età di pensionamento. Il contributo che le donne potranno dare al mondo del lavoro, alla sicurezza economica delle famiglie e alla crescita dell’economia dipenderà però anche dalla misura in cui gli uomini in Italia saranno pronti a contribuire al lavoro domestico e alla cura della famiglia.

 

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Autore: OndeCorte

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